L’accento può essere di due tipi: fonico e grafico. È importante capire in quali casi dobbiamo scriverlo e in quali casi, invece, è vietato. Scopriamo insieme come riconoscerlo e quando segnarlo.
Che cos’è l’accento
Quando leggiamo o pronunciamo una parola, la voce si poserà un po’ più allungo su una determinata sillaba. È proprio su quella sillabe che cade l’accento.
Tuttavia, non sempre l’accento fonico è accompagnato anche dal segno grafico. Alcune volte è solo una questione di pronuncia, altre volte la parola deve essere accompagnata anche dal segno grafico.
Accento fonico e grafico
Cosa vuol dire accento fonico e grafico?
Nel primo caso è solo pronunciato, ma non viene segnato graficamente. Ogni parola ha l’accento fonico, ma solo in alcuni casi viene scritto.
Tuttavia, nel dizionario troverai sempre la parola con l’accento fonico segnato, per farti capire meglio dove vede posarsi più a lungo la tua voce quando leggi o pronunci quella determinata parola.
Nel secondo caso, invece, è quando l’accento necessita di essere segnato graficamente. Esso è proprio solo di alcune determinate parole.
Quando va segnato graficamente
Come facciamo a capire quando l’accento va segnato graficamente con il segno grafico (‘) e quando, invece, questo non deve essere segnato?
L’accento va segnato in questi determinati casi:
- Parole tronche di due o più sillabe che terminano con una vocale sola (città, carità, capitò, caffè, andrò, avversità, ecc.
- Monosillabi che terminano con due o più vocali (può, più, già, giù, ciò). Ci sono, però, delle eccezioni: qui e qua si scrivono sempre senza accento!
- Sulle parole composte da tre, re, blu e su (lassù, rossoblù, trentatré).
Monosillabi identici
Ci sono alcuni monosillabi identici nella lingua italiana che si possono distinguere gli uni dagli altri solamente con l’utilizzo dell’accento. Questi sono:
- Sì (contrario di no, avverbio) e si (pronome, soggetto impersonale).
- Ché (perché, congiunzione) e che (pronome, congiunzione).
- Dà (verbo dare) e da (preposizione).
- Dì (giorno) e di (preposizione).
- È (verbo essere) ed e (congiunzione).
- Là (avverbio di luogo) e la (articolo, pronome).
- Lì (avverbio di luogo) e li (pronome).
- Né (congiunzione) e ne (pronome).
- Sé (pronome riflessivo) e se (congiunzione).
- Tè (bevanda) e te (pronome).
Quando non va mai segnato
In alcuni casi l’accento non va mai segnato:
- Sui monosillabi qui e qua.
- Sui monosillabi con una sola vocale che non fanno parte dei monosillabi precedenti elencati: blu, su, fu, fa, sa, sta, sto, tra, tre, va, me, re, ma, mi.
All’interno delle parole non è obbligatorio segnare l’accento, anche se a volte si utilizza per distinguere le parole omografe. Le parole omografe sono quelle che si scrivono allo stesso modo, ma si distinguono solamente dall’intonazione, ovvero se l’accento che cade su una determinata sillaba è acuto o grave.
Accento: acuto e grave
L’accento si può distinguere in acuto e grave. Il primo viene utilizzato sulle vocali che si pronunciano chiuse, mentre il secondo viene utilizzato sulle vocali che si pronunciano aperte. In questo modo:
- È (aperto).
- é (chiuso).
È proprio nelle parole omografe che l’accento acuto o grave diventa fondamentale per capirne il significato. Ecco alcuni esempi per capire meglio di cosa stiamo parlando:
- Pèsca (il frutto) e pésca (verbo pescare).
- Accètta (verbo accettare) e accétta (scure).
- Corrèsse (verbo correggere) e corrésse (verbo correre).
- Èsca (verbo uscire) ed ésca (cibo per pesci).
- Lègge (verbo leggere) e légge (legge dello stato).
- Affètto (sentimento) e affétto (verbo affettare).
In tutti questi casi (e in molti altri che non sono stati elencati) l’accento è solamente fonico e non ha bisogno di essere scritto graficamente. Tuttavia, è normalmente accettato anche il segno grafico, nel caso esse dovesse servire ad aiutare il lettore a capire meglio il senso della parola.